MPS: E’ finita come doveva finire

Evitata l’incursione della politica nella banca, ma non quella della banca nella politica

Come già temuto (vedi), nel pomeriggio del 12 luglio la maggioranza di centro-sinistra del Consiglio Comunale, ha dato alla Fondazione MPS e alla Banca MPS il via libera all’abolizione del limite del 4% per le quote  della Banca detenute da soci privati rendendo il Monte scalabile da chiunque ne abbia la voglia e i soldi (vedasi qui la nostra proposta di emendamento). Così il sindaco Valentini si è rimangiato tutti gli impegni assunti nel corso della campagna elettorale circa il mantenimento di quel vincolo, impegni che gli hanno consentito di guadagnare quel risicato 2% con cui ha sopravanzato il suo antagonista al ballottaggio del 9-10 giugno (dopo il Consiglio di oggi sicuramente quel 2% di vantaggio è evaporato del tutto) . E così si è anche tranciato via l’ultimo rimasuglio di quel forte legame che da oltre mezzo millennio legava insieme il Monte dei Paschi e la Comunità senese, legame che non era solo materiale o opportunistico, ma anche emotivo al limite dell’amore fisico, causa principale quest’ultimo  – come per il sistema-contrada ‒ del longevo successo della Banca.

MPS ? UNA RISERVA DI CACCIA DELLA SEDICENTE SINISTRA

In una mozione lunga 6 pagine, la maggioranza di centro-sinistra ha pervicacemente sostenuto che l’ingerenza della politica nelle cose della banca e della fondazione sia un rapporto contro natura, salvo poi dire di fatto il contrario in ognuna di quelle pagine, essendo queste tutte dedicate a ciò che la Fondazione e la Banca devono o dovrebbero fare (un tipicissimo caso di sindrome di Altan, quella della vignetta “mi vengono in mente opinioni che non condivido”).  Insomma le assemblee elettive ovunque in Italia, al centro come in periferia, si occupano politicamente di tutto (sanità, industria,  commercio, trasporti, forze armate ecc), e anche di credito e quindi di banche, di tutte le banche. Ma a Siena no, a Siena il Consiglio Comunale democraticamente eletto e quelli che il Consiglio hanno eletto, ossia i Cittadini, del Monte non se ne devono occupare. Gli ottusi soloni della maggioranza neanche si sono resi conto di ciò che invece si leggeva chiaramente tra quelle righe: GIU’ LE MANI: LA BANCA E’ UNA NOSTRA ESCLUSIVA RISERVA DI CACCIA! Neanche la pudicizia di un pallido rossore per come quella “riserva di caccia” è stata ridotta in un decennio di assidue “ingerenze”  della sinistra di lotta e di governo negli affari “strepitosi” della Banca e della Fondazione  (con un particolarissima concupiscenza per i loro consigli di amministrazione). De Bustis, Baldassarri, Mussari, Profumo, Viola, la gran parte dei membri dei Cda del Gruppo Monte e tutte le Deputazioni della Fondazione, cos’altro sono state se non “ingerenze politiche” del PCI-PDS-DS-PD nella banca? Tutto quello che è stato fatto con l’approvazione entusiasta della sedicente sinistra (svendita dell’enorme patrimonio immobiliare per pagare dividendi agli azionisti in mancanza degli utili, finanza creativa, Banca Mantovana,  Banca 121, Antonveneta, svendita della C.R. di Prato e di partecipazioni  importanti come quella nel San Paolo di Torino, nella Mediobanca, nelle Generali ecc. ecc.) cos’altro è stato se non altrettanta ingerenza della politica? Della “loro” politica ovviamente, non di quella della Comunità. Insomma un documento, quello della maggioranza, dove si eleva l’ipocrisia a livello di arte. Ma parlare di ipocrisia vale a poco perché fa veramente vomitare, invece, il tentativo di coprire il voltagabbana della maggioranza sulla delicatissima questione del 4% con la vicenda della Robur, che guarda caso si è “magicamente” sbloccata proprio lo stesso giorno del Consiglio Comunale della vergogna, quello in cui il Valentini ed il suo PD hanno votato senza alcun pudore il contrario di quello che avevano pubblicamente asserito fino a poche ore prima: quanto è bastato ai media di regime per seppellire la notizia “vera” sotto quella “falsa”, trattando i senesi da minus habens, poveri allocchi rimbecilliti a forza di circenses.

MANCANO 20 MILIARDI (E FORSE ANCHE 60)

La realtà è che ora mancano all’appello qualcosa come 20 miliardi di euro rispetto a quando, con la privatizzazione del 1995, la presunta sinistra ha preso in mano le sorti della Banca e della Fondazione.

 Ma ci corre l’obbligo di un’altra considerazione.

All’atto della privatizzazione le azioni furono emesse a 4 euro, ma nel 1999, con l’ammissione alla quotazione di Borsa, spontaneamente la quotazione  schizzò a 5 euro (richieste d’acquisto pari a 10 volte l’offerta) grazie alla eccellente solidità ereditata dalla virtuosa banca pubblica. Per cui, se si fosse conservata la buona gestione della tradizione montepaschina, oggi il Monte varrebbe in borsa 60 miliardi (€5x12mld di azioni). E non si tratta di un’esagerazione: dopo ognuna delle tre grandi crisi dell’Italia unitaria, quella di fine Ottocento e quelle del primo e secondo dopoguerra, mentre le grandi banche private (tutte) sparivano sempre per lo stesso motivo (spericolata finanza “creativa”), il Monte banca pubblica, sempre estraneo ai grandi e piccoli scandali nazionali e locali, ne usciva ogni volta col patrimonio raddoppiato o triplicato: bastava arrivare in perfetta salute e liquidità al momento in cui tutti chiudevano e il meglio poteva essere comprato a prezzi di liquidazione. Con la crisi attuale il Monte, se fosse restato quello di sempre, sarebbe diventato la più grossa banca d’Italia, una delle massime d’Europa e solo il cielo sa cosa ciò, proprio oggi, avrebbe potuto significare per la salute economica del Paese, visto che altre due grandi banche pubbliche, San Paolo di Torino e Cariplo di Milano, e la gran parte della Casse di Risparmio avrebbero avuto, come in passato, uguale fortuna se fossero rimaste pubbliche (ossia lontane dalla finanza ”creativa”). Oggi sono tutte banche private e, immancabilmente, rischiano tutte grosso.

Ora le azioni del Monte valgono solo € 0,20, ossia la Banca capitalizza appena 2,4 mld: in poco più di 10 anni il titolo ha perso il 95% del suo valore originario.  Il tutto grazie alle “ingerenze politiche” della cosiddetta sinistra. E hanno il coraggio oggi di farci la predica proprio a proposito dell’ingerenza. Peggio: hanno scritto nella loro mozione che le minoranze devono stare attente a quello che dicono, perché potrebbe riflettersi negativamente sul corso delle azioni e quindi sulla salute della banca e della Fondazione Capito? Loro lo dicono a noi!  E quasi quasi ci accusano di insider trading!

SE INVECE E’ LA BANCA CHE SI OCCUPA DELLA POLITICA 

Ma c’è un’altra cosa ancora più preoccupante, visto il ruolo che questa pseudo-sinistra ha a Siena, a Firenze e a Roma. L’idea dell’abolizione del limite del 4% è venuta al presidente del Monte, Profumo. Poco dopo la stessa idea, ci dicono, è improvvisamente venuta alla Banca d’Italia,al Ministero dell’economia,alla BCE, e alla Fondazione MPS, che ha ancora il 34% del capitale del Monte, e poi anche al PD e cespugli vari. Quindi non si può fare altro, ci dicono, che piegare il capo. Ma se due+due fa quattro, allora vuol dire che si è trattato di un’ingerenza della banca nella politica, per giunta allegramente accettata. Ma se per il PD & C. l’ingerenza della politica nella banca diventa cosa turpe, mentre quella della banca nella politica è cosa buona e giusta, allora vuol dire che questa destra mascherata da sinistra porterà non solo Siena, ma l’intero Paese alla rovina.  E non sarà questa impresa ardua visto che siamo già un pezzo avanti.

Movimento Siena 5 Stelle

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