Banca MPS: l’intervento di Mauro Aurigi all’assemblea dei soci

Riportiamo l’intervento di Mauro Aurigi in occasione dell’Assemblea dei Soci della Banca MPS del 09 ottobre 2012.

Signori azionisti,

mi chiamo Mauro Aurigi. Ho passato 42 dei miei 74 anni al Monte, tra il 1957 e il 1999. Sono soprattutto gli anni della costruzione del Grande Monte banca pubblica, ricca, stimata e potente che nel recentissimo passato tutti abbiamo conosciuto. Una costruzione corale senza geni d’impresa o di finanza e soprattutto una costruzione silenziosa, schiva dei clamori che invece l’hanno subito caratterizzata non appena privatizzata. La piccola città di Siena, isolata fisicamente e culturalmente da tutto il mondo che conta, con le sue sole forze aveva compiuto un’impresa che probabilmente non ha l’eguale: la sua banca era una delle più grandi d’Italia, la più solida tra le grandi banche europee, quella con la massima valutazione da parte delle agenzie anglo-sassoni. Di quell’incredibile cinquantennio postbellico io sono stato testimone e, oserei dire, modestissimo protagonista, anche se protagonista non è il termine giusto, perché in mezzo millennio di protagonisti il Monte non ne aveva mai avuti fino a Mussari. E s’è visto come è andata a finire. Così io me ne sono andato in pensione volontariamente a soli 60 anni perché mi era diventato insopportabile assistere alla devastazione materiale e morale del vecchio amatissimo Monte.

Scoprire quello che stava succedendo tuttavia non fu una sorpresa. Tra il 1993 e il 1995 ebbi parte attiva nel movimento di resistenza alla privatizzazione della banca. Sapevamo esattamente quello che sarebbe successo dopo e lo denunciammo pubblicamente: in 20 anni la banca sarebbe stata azzerata. Ci sbagliavamo, a Mussari e Mancini gliene sono bastati 13. I rischi maggiori che avevamo denunciato, poi regolarmente diventati tragica realtà, erano nell’ordine: la de-senesizzazione, la perdita della redditività che ne é derivata (se avessi tempo vi spiegherei il nesso), quindi la svendita del patrimonio per comunque soddisfare l’avidità degli azionisti (in testa l’azionista “privato” Fondazione, ineffabile strumento di disastroso clientelismo politico). Ma il rischio che più di ogni altro paventavamo era un altro. Finché la Città avesse conservato il suo ruolo plurisecolare di dominus del Monte, essa stessa e la banca sarebbero state salve. Ma con la privatizzazione sarebbe stata la Banca o, meglio, il suo “padrone” a dominare la Città: Siena come Torino sotto la Fiat o Taranto sotto l’ILVA. E una Città dominata è una città serva e servi diventano i suoi cittadini. Da padroni della banca a suoi servi! E una comunità servile non ha futuro. Anzi peggio: se ha, come la comunità senese, un passato di ricchezza culturale e materiale, quella se la vedrà evaporare velocemente tra le mani, ma gli mancherà la forza di reagire. Perché i servi possono solo ubbidire.

Bene, tutto ciò è regolarmente avvenuto.

Ed ora che il disastro è completo, chiedo alla Fondazione, vecchia proprietaria della Banca, ma ormai in rovina anch’essa, anzi chiedo al suo presidente Mancini:  dov’è che avete pescato Profumo e Viola o, meglio, dal cappello di chi sono usciti questi due nomi, sconosciuti o poco conosciuti e, stando alla stampa, in maniera neanche troppo entusiasmante? Che esperienza hanno di salvataggio di banche in difficoltà? Lei se n’è accertato?

Nessun’altra città al mondo ha una presenza percentuale di dirigenti bancari tornati comuni cittadini come Siena. Tutti, o quasi tutti, non solo protagonisti dei successi del cinquantennio dopoguerra, ma esperti di recupero di banche in difficoltà. Perché questo ha fatto il Monte più di ogni altra banca italiana, nella seconda metà del secolo scorso: rimettere in sesto banche dissestate o fallite: la Banca Toscana e la Cassa Risparmi di Prato tanto per citare le maggiori. Perché, presidente Mancini, non vi siete rivolti a queste persone, che oltretutto davano garanzie di attaccamento alla banca e al territorio che due mercenari della finanza come Profumo e Viola mai potranno dare?

Ed ora per dare il colpo di grazia alla Banca e soprattutto alla Città, lei Mancini dà a Profumo tutti i poteri di disporne come vuole. Evidentemente lei è tetragono all’esperienza e non ha imparato niente da ciò che è successo quando lo stesso potere lo dette al Mussari, tanto da poter esclamare sulla stampa, tutto eccitato e giulivo, la mattina dell’acquisto dell’Antonveneta (vado a memoria): “Ha fatto tutto Mussari in sole 24 ore. Anche io l’ho letto dai giornali. Che splendida, fulminea operazione!”. Invece avrebbe dovuto licenziarlo in tronco per tanta intraprendenza non autorizzata. Ma ci vuole spiegare perché gli azionisti, ossia la proprietà, dovrebbero ancora una volta spontaneamente rinunciare ai propri diritti di gestione sulla banca per darli a un mercenario che non sappiamo neanche se è azionista? Lei purtroppo non ha mai lavorato, è stato sempre un dipendente della politica. Capisco quindi che le sia difficile capire che è suicida, sempre, dare a degli estranei la piena disponibilità del proprio patrimonio. Ma come può pensare che quest’uomo venuto giù con la piena  appena ieri, disponendo di tutti i poteri, appena licenziato o sottomesso Viola – perché due galli non possono stare nello stesso pollaio – possa fare gli interessi di Siena e della Banca? Scenda coi piedi per terra Mancini. La Banca non è neanche proprietà sua, è proprietà in maggioranza relativa della Fondazione che è una emanazione di questo territorio. E’ l’ora di finirla che si possa disporre dei beni comuni come se fossero proprietà privata di uno o di pochi. Perché ciò che è successo con voi politicanti che vi siete arrogati il diritto di gestire beni che non sono vostri come se lo fossero, è che Siena, la sua terra e l’intera Regione, grazie al vostro passaggio dopo la privatizzazione, sono oggi più povere di 15 miliardi di euro e c’è chi dice che ne manchino perfino di più. Un buco del genere oggi metterebbe in terribili difficoltà anche uno stato come la Germania, figuriamoci una piccola città come Siena. Ha la più pallida idea della massa enorme di disoccupati che produrrà? Insomma in 17 anni sono evaporati 15 miliardi di ricchezza. Quasi un miliardo, ossia quasi 2000 mld di lire, ogni anno! Tanto ci è costata la perdita per colpa vostra dell’autonomia politica e finanziaria.

Lo capisce, Mancini, che se dà tutto il potere a Profumo vedremo evaporare anche quel poco che è rimasto?  Ci ripensi perché lei, insieme ai suoi sodali, già sarà ricordato come l’azzeratore della Banca, della Fondazione e della Città. Già avete ottenuto il risultato di consentire a Firenze, dopo mille anni che ci provava, di diventare finalmente l’unica capitale della Toscana e di confinare il Comune di Siena in provincia di Grosseto. I Senesi sono stati intontiti in questi 17 anni di vostra dittatura, ma non hanno perso l’uso della memoria: se lo ricorderanno.

Per quello che mi riguarda personalmente, se oggi approva le proposte che stiamo valutando, non avrò pace finché non saranno chiarite le responsabilità morali e materiali, e se necessario anche quelle penali, di ciò che è avvenuto, e finché il nome di voi tutti resti storicamente legato alla definitiva rovina del sogno senese, dopo mille anni di storia gloriosa.

Mauro Aurigi

admin

Related Posts

C’era una volta il Consigliere comunale a 5 Stelle…

COMUNICATO STAMPA – Il PD e le nomine in Fondazione

COMUNICATO STAMPA – Vi piacerebbe “vincere facile” ? Disponibili ad un confronto su MPS e Fondazione

La chiusura dell’Enoteca Italiana simbolo del fallimento del PD

3 Comments

  1. Mauro è stato sempre abile nel mettere l’interlocutore con le spalle al muro, ma questa volta è da oscar!
    ALBERTO,vecchio collega e amico da sempre.

  2. Quanta amarezza, e quanta tristezza, colano da questo tuo intervento… ma i malvagi non conoscono né amarezza né tristezza, conoscono solo l’orgia del potere derivato dalle loro truffe andate a segno.
    Il “pecorificio italia” miete un’altra vittima tra questi pseudo-italiani rincoglioniti, e che il diavolo se li porti dove meritano, incapaci come sono a sollevarsi…
    “L’indifferenza lascia promulgare leggi che solo la rivolta potrà abrogare” A.Gramsci. Povero Gramsci, aveva ragione, è vero quel che dice, ma non per i cosiddetti italiani.

  3. vili manigoldi e ingordi. Anche se sicuramente gode di protezioni a botteghe oscure, spero davvero che arrivi, prima o poi, la gogna che si merita ‘Peppe ‘mmerda’ ( citazione alta, da ‘Il Gattopardo’ ).

I commenti sono chiusi.

Archivio